Per motivare il conferimento del premio “UN CORTEMILIESE D.O.C.” a Luigi Sigliano riportiamo un racconto tratto da “Dietro la Collina” (libro scritto poco meno di dieci anni fa con il fotografo Murialdo) che Luigi ci “prestò” quando gli chiedemmo di scriverci qualche riga da pubblicare sul depliant che promuoveva una delle prime edizioni di “Profumi di nocciola”, la fiera di fine agosto.
Poche righe che sono una vera e propria poesia dedicata alla Tonda Gentile e che denotano l’elevato livello artistico-letterario di Luigi Sugliano.
Alba, scrive Sugliano, «era lontana ventidue chilometri di curve, strappi, discese e tanta ghiaia». Dalla madre, che aveva una bottega, i ciclisti comperavano mezzo etto di magnesia per spegnere sete e caldo, e Cesarina spesso portava loro un bicchiere di vetro con la paura di romperlo perché doveva servire per il giorno dopo e dopo ancora. Diventata adulta, la ragazza si trasferì a Santo Stefano Belbo, respirò l’aria di Pavese e Manzo, e conobbe anche chi produceva il citrato dissetante, tale Valentino Tortoroglio, in piedi dalle cinque di mattina. Oggi i due si trovano ancora e ridono delle loro storie pensando alla fontana, alla magnesia e ai ciclisti che ormai per lo più sono svizzeri e tedeschi. Ricordare serve anche a capire perché i «forestieri» amano quello che gli indigeni, spesso, non hanno più voglia di amare. Non è soltanto la fatica del lavoro che ettari di vigna e nocciole chiedono, è anche l’anima, benedetta o sventurata, che si è piegata a sorde leggi. Sugliano stimola e mette l’uomo di fronte alle colpe, perché la terra di Langa è sempre bella e paziente, da secoli, con i suoi filari, le pietre magiche, il Bormida che rifiuta l’inquinamento. Per questo l’occhio speciale di Bruno Murialdo, fotografo e coautore, dà al libro quel corredo necessario a capire anche le nebbie d’autunno, le chiese romaniche abbandonate e desiderose di restauro, il Barolo, le luci di una festa d’estate. Su queste colline si dimentica. A Serralunga d’Alba c’era un tempo lo stabilimento per la cura dell’uva, prototipo dell’odierna vinoterapia, e chi arrivava qui, scrive Sugliano «cercava un antidoto a quel leggero mal di vivere che spesso si chiamava anemia o soprappeso e non ancora stress»… «L’uva arrivava in tavola ed era come raggi di sole che le colline restituivano, energie succhiate alla terra, ma anche buonumore e sogni».
Luigi è nato a Cortemilia nel 1953, ha cominciato la sua attività di giornalista negli anni ’70 nella redazione del quindicinale albese “La Bilancia”, diretta da Raoul Molinari; nel 1978 è diventato corrispondente da Cortemilia de “La Stampa”. Dopo un anno di corrispondenza da Mondovì ha lavorato sei anni alla redazione di Cuneo e, dal 1986, è a Torino, dove ha ricoperto vari incarichi.
Tra i libri che ha scritto, dedicati alle Langhe e al Roero, oltre a quello già citato ricordiamo: “Langhe” con il fotografo Cavallero; “All’Enoteca”, “Una finestra sul Roero” (con disegni di Comencini), “Ingredienti per l’Ecomuseo”, i libri su Romano Levi e i ristoratori Cesare e Gemma; il volume per i 150 anni della Fratelli Caffa di Cortemilia, titolari della più antica azienda piemontese che lavora la nocciola Piemonte. A Luigi Sugliano quindi il nostro premio “UN CORTEMILIESE D.O.C.” per il prezioso contributo dato alla cultura di Langa e alla valorizzazione della nostra Nocciola Tonda Gentile.
Omaggio a Luigi Sugliano
IL TRIANGOLO DELLA TONDA
Ha fatto chinare mille schiene, riscaldare tanti inverni, trovare pozze d’acqua. Ha dipinto di un altro verde le colline che giocano a toccarsi con il cielo. Il cielo che potrebbe anche ospitarla, se al posto delle nuvole avesse le zolle. Ha dato sapore alle tavole delle nonne e ai banchetti di chi vive lontano e sempre più spesso torna, per ritrovarne il profumo.
Si chiama Tonda Gentile la nocciola che si incontra ad agosto inoltrato, quando il sole preannuncia l’autunno che verrà e la voglia di far festa corre ancora nel sangue. Basta arrivare nel triangolo delle nocciole, oppure seguire la via che da Torre Bormida sale fino a Niella Belbo, una piccola autostrada piena di curve segnata dalla presenza di piante vecchie e nuove, con i rami che accarezzano il ciglio e il profumo che sfiora la carreggiata.
Erano arrivate tanti anni fa su queste colline che si interrogavano sul futuro, contavano i vuoti, le erbe che crescevano troppo, le case che chiudevano. Erano diventate adulte, cullate dalla speranza di chi si guadagnava il pane scavando con la zappa nello scetticismo, pensava che la vite fosse un frutto da invidiare alle colline più basse, che il tesoro fosse altrove.
Adesso il frutto è diventato una lunga fila di dolci, ha cambiato il paesaggio di una terra che dormiva nel letargo di una bellezza antica, struggente, infinita negli orizzonti, nei colori e nelle suggestioni. Adesso la nocciola sta popolando le terre dell’Alta Langa, scacciando le altre colture più povere. Gioca, finalmente, da protagonista sul palcoscenico antico delle colline, dialoga con i grandi vini, viaggia lungo le strade del mondo e seduce gli amanti del buono, crea lavoro e propone feste, offre lo spunto per un museo e apre pinacoteche a cielo aperto.
Adesso si può viaggiare nel triangolo delle nocciole con la certezza di trovare il filo del gusto e del piacere, ascoltare la leggenda che le torte le abbiano inventate a Castelletto Uzzone, i primi frutti sgusciati siano nati in una casa lunga che c’è a Cortemilia, che i primi studi sulle piante li abbiano fatti a Cravanzana. Tre paesi che incominciano con la “c” e finiscono nel frutto più dolce, saporito, goloso di queste colline così alte da toccare le nuvole.