(Testi Ginetto Pellerino e Cristina Sampiero Foto Manuela Arami e Cristina Sampiero)
La Confraternita della Nocciola Tonda Gentile di Langa di Cortemilia ha consegnato domenica 21 agosto il Premio Fautor Langae dedicato a persone, associazioni, aziende, enti che si sono distinti nella promozione e nella valorizzazione del territorio di Langa. I premiati 2016 sono:
Giacomo Giamello, medico-scrittore, autore di importanti pubblicazioni sul patrimonio linguistico, ambientale e culturale dell’Alta Langa;
Maria Tarditi (premio consegnato alla figlia Maria Pia), scrittrice di romanzi ambientati in Langa pubblicati e tradotti da Araba Fenice e da Bompiani, la migliore interprete vivente della Malora fenogliana.
Inoltre, l’albergatore cortemiliese Carlo Zarri, capo-chef a Casa Italia nelle ultime edizioni delle olimpiadi e responsabile food & beverage del padiglione Usa a Expo 2015, è stato insignito del titolo di Ambasciatore della Nocciola nel Mondo . Il sindaco di Cortemilia Roberto Bodrito, presidente dell’Unione Montana Alta Langa, è il nuovo socio onorario della Confraternita della Nocciola.
La cerimonia di consegna del 10° Fautor Langae ha concluso la mattinata di inaugurazione della 62° Sagra della Nocciola che si tiene a Cortemilia dal 19 al 28 agosto.
L’evento ha visto la partecipazione di molti sindaci del territorio di Langhe e Roero, dell’ex sindaco di Alba Sen. Tomaso Zanoletti, del prefetto di Cuneo Giovanni Russo e del presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo Giandomenico Genta.
LE MOTIVAZIONI
GIACOMO GIAMELLO
Giacomo Giamello è nato ad Alba il 22-07-1961 dove i genitori erano arrivati dalle Langhe negli anni cinquanta del secolo scorso (papà Elio da Cortemilia e mamma Iose da Cravanzana).
Ha frequentato le scuole ad Alba, medie alla Gerolamo Vida e superiori al Liceo Classico Govone. Iscrittosi alla facoltà di Medicina e Chirurgia nel 1980, si laurea a luglio del 1986.
E’ specialista in Otorinolaringoiatria dal 1990 e attualmente lavora presso l’ospedale San Lazzaro di Alba.
Negli ultimi venti anni la moglie Silvana e più recentemente le sue quattro figlie Virginia, Cristina, Elena e Lucia lo hanno sopportato, ma sovente anche incoraggiato nei suoi studi linguistici dedicati soprattutto al piemontese, in particolare il suo, quello delle Langhe.
Hanno così visto le stampe il Dizionario botanico latino, italiano, piemontese, francese ed inglese (2004), il Dizionario zoologico latino, italiano, piemontese, francese ed inglese (2005) e la grammatica La lingua dell’Alta Langa (2007) per un totale di oltre mille pagine e migliaia di parole raccolte direttamente sul campo.
Il Professor Bruno Villata nella sua prefazione alla Lingua dell’Alta Langa sottolinea: “… per quanto l’autore non sia un linguista di professione, nel campo della glottologia non lo si può affatto considerare un dilettante. Anzi! Le sue opere sono magistrali e lo collocano nel numero ristretto dei dizionaristi piemontesi”.
Grazie a questi lavori è stato insignito nel 2008 della medaglia dell’Accademia internazionale della lingua piemontese, riconoscimento assegnato negli anni precedenti a studiosi quali Brero, Clivio, Burat e Gasca Queirazza. Le sue conoscenze gli hanno permesso di collaborare attivamente anche con la Famija Albèisa, l’Arvangia, il Centro studi piemontesi e numerose altre associazioni come ad esempio quella del Premio Roddi di poesia.
Il suo ultimo libro, Antiche fiabe e novelle delle Langhe (2016, 576 pagine), è il frutto di trent’anni di ricerche condotte sul campo; un volume che si può leggere, ma anche sentire grazie al Cd che lo accompagna e che rivela ancora una volta la ricchezza della cultura e delle tradizioni della sua Langa, ma anche le gioie, i dolori, le fatiche e le speranze dei suoi abitanti.
Tutto questo è stato pensato dal medico-scrittore Giacomo Giamello per dimostrare che le parole non sono semplici segni o suoni, ma a chi sa leggerle o riesce a capirle esse rivelano il pensiero, la sensibilità e la cultura di quanti le dicono o le hanno dette. Un messaggio importante e profondo per difendersi dall’appiattimento e dalla spersonalizzazione proprie di un’epoca consumistica e globalizzata come quella attuale.
Ci mancava un rappresentante della categoria medici-scrittori che in Italia sono numerosi e molto attivi. Esiste addirittura un’associazione medici scrittori fondata nel 1951 dal grande chirurgo Achille Mario Dogliotti con lo scopo di far conoscere e diffondere le opere dei camici bianchi italiani appassionati di letteratura.
Giacomo Giamello è uno di loro e in più è un langhetto doc.
MARIA TARDITI
Maria Tarditi nasce nel 1928 a Monesiglio. La sua è una famiglia modesta, il padre cuoco in Liguria prima e a Limone poi, fino al 1939 si vede poco a casa. Ad allevare Maria sono la madre e il parentado in cui spicca lo zio paralizzato cui ha dedicato l´affettuoso libro «L´ultimo della fila».
Maria a 11 anni va a lavorare nella filanda di Monesiglio. È brava, a 12 anni è già filera ma non è quella la vita che vuole. Mentre sbatte i bozzoli con le dita cotte dall´acqua bollente sogna di diventare maestra. Cerca di studiare la sera ma la stanchezza che ha in corpo e il frastuono di una casa sempre vissuta glielo impediscono. Si iscrive vanamente a una scuola per corrispondenza. Alla fine la famiglia si decide a mandarla in Liguria, a Pegli, da alcuni zii che la ospitano consentendole di frequentare le scuole e di diplomarsi maestra, «con la ragguardevole media di 8,75».Dopo un iniziale peregrinare tra Briga Marittima, Mombarcaro, Prunetto e Saliceto, nei primi anni Cinquanta arriva a Pievetta, frazione di Priola. Vi rimarrà per 38 anni, sino alla pensione.
Ma cosa ha spinto una maestra in pensione a scrivere? Maria Tarditi lo confessa senza remore: il suo primo libro lo ha scritto per reazione alla gioventù dorata narrata da Susanna Agnelli in «Vestivamo alla marinara».
«Sui bricchi di Monesiglio noi non vestivamo certo così – racconta – e io ho voluto far sapere “come vestivamo” noi». E da allora non ha mai smesso di narrare quel mondo che rivive nei libri editi dall´Araba Fenice e in un film di cui è protagonista.
Oggi Maria Tarditi scrive best-seller che anche i grandi editori pubblicano e traducono, libri che ha immaginato negli anni giovanili ma che hanno visto la luce alle soglie dei 70 anni, la sua seconda giovinezza.
Siamo di fronte alla nuova scrittrice della “Malora”, di storie di Langhe con al centro il mondo contadino fatto di sacrifici, stenti, morte e malattie come nel suo romanzo d’esordio “Pecore Matte” e rappresentato da personaggi semplici e umili come la trovatella Nuccia de “La Venturina” o il servo Pinotu de “La vita non è uno scherzo”, oppure ancora le stramberie de la protagonista di “Testa Viroira” o i misteri e la fantasie delle “Storie di Masche”.
Un produzione letteraria intensa (una ventina tra libri e racconti) grazie a cui migliaia di lettori hanno potuto conoscere le origini di un mondo contadino semplice e povero che oggi sta prendendosi una specie di rivincita, quell’”Arvangia” che il professor Donato Bosca ha trasformato in un fenomeno culturale e di cui Maria Tarditi è sicuramente indiscussa protagonista.
Consegniamo il premio alla figlia Mariapia Peirano, anche lei scrittrice e romanziera sulle orme di mamma Maria.