(testo Livio Bramardi, foto Giacomo Berrino)
Dopo “Noccioleggiando da Alba a Cortemilia. Un itinerario alternativo”, presentato nel 2011, la Confraternita della Nocciola Tonda Gentile di Langa per il 2012 propone “Nocciole ed arte in Alta Langa”, gita per la quale si suggerisce la partenza da Cortemilia, dove si consiglia di prendere il largo dopo… una generosa degustazione di favolosi dolci alla nocciola. Coloro che invece arrivano dalla Liguria devono seguire la via di Millesimo-Cengio.
La strada percorre un’ampia vallata dove le colline si innalzano oltre i 700 metri e sono ancora ben visibili i terrazzamenti recuperati mentre le colture di noccioleti occupano gran parte dei dorsi collinari, segno di una agricoltura efficiente e di una ritrovata economia locale.
Percorsi pochi chilometri da Cortemilia si giunge a Saliceto, capolinea della Provincia di Cuneo in cui l’influenza urbanistica ligure si individua senza alcuna difficoltà: vicoli strettissimi, androni misteriosi, piccoli negozi, archi in pietra sulle porte d’ingresso e lo storico centro medioevale.
Se gradite una guida che vi conduca tra le meraviglie che offre questa piccola comunità potete contattare l’infopoint al 342/35.70.641 o inviare una e-mail a infopoint@gmail.com; ma se decidete per il turismo “fai da te” non trascurate gli stupendi affreschi della Cappella di San Martino con i cavalli a tenzone che pare che ridano; il Castello dei Marchesi del Carretto e, infinita meraviglia, le decorazioni sul portale e l’interno della chiesa parrocchiale intitolata a San Lorenzo Martire e disegnata dal Bramante.
Il Prof. Guido Araldo, scrittore e ricercatore storico, ritiene che la facciata esoterica di fine 1400 della chiesa di San Lorenzo probabilmente sia un mausoleo voluto dal Marchese Cardinale Carlo Domenico del Carretto dove i simboli scolpiti dai Maestri scalpellini delle antiche Corporazioni muratorie, ci hanno lasciato un vero e proprio libro di pietra da decriptare.
Araldo che nato a Saliceto, vive a Cuneo. Romanziere e storico, ha pubblicato numerosi romanzi, sia in Italia che in Francia. Nel 2000 ha vinto il primo premio del concorso letterario “Galeotto del Carretto” con il libro Prèscricia, la Pietra Scritta. Per gli amanti della storia dell’arte si può trovare una stupenda e minuziosa descrizione di questa opera d’arte su:
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http://www.saliceto.net/misteri/chiesadisanlorenzo/index.html
Giusto per incuriosirvi citiamo dal medesimo sito alcuni stralci, sperando di fare cosa gradita al Prof. Araldo.
La chiesa, iniziata nei primi anni del XVI secolo, è uno scrigno d’arte sia per i bassorilievi della facciata, che per le perfette armonie architettoniche e, anche, per l’interno completamene affrescato. Ma, soprattutto, è un misterioso libro aperto, intriso di simboli esoterici.
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L’orientamento della chiesa è quello tipico Est-Ovest, con la facciata rivolta a Ovest e l’abside collocato a Est. La luce si alza da Est e quindi il fedele che guarda l’altare volge lo sguardo in quella direzione. L’Ovest è il mondo del tramonto (anticamente dei morti).
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Le armoniose dimensioni architettoniche derivano dall’esatto “sviluppo del cubo”: il lato rivolto a Est con l’altare, il coro, l’abside (l’area sacra per eccellenza); il transetto che si dispiega nei lati a Nord e a Sud; quindi la navata corrispondente al lato di meridione, doppio rispetto agli altri per lo sviluppo del lato situato sulla sommità del cubo. In tal modo veniva realizzata la perfetta croce latina del pavimento.
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La facciata è caratterizzata da una ricchezza di particolari simbolici non riscontrabile nelle altre chiese rinascimentali piemontesi.
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• La tartaruga, presenta una croce greca in rilievo sul guscio e proprio il suo guscio a cupola sulla sommità, quindi proteso al cielo ma piatto nella parte sottostante, a contatto con il terreno, la rese l’animale simbolo per eccellenza giacché rappresenta le due nature del Cristo: divina, dunque celeste, e umana, quindi terrena. La tartaruga, rappresentava “la forza nascosta”, in grado di proteggersi da qualsiasi attacco per la fortezza che si porta dietro. Similmente alla salamandra, si credeva che la tartaruga fosse un animale ignifugo, in grado di contrastare il fuoco, anche quello infernale. Era inoltre un simbolo di fertilità, per le molte uova che deponeva.
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• I cavalli alati avvolgono con le loro lunghe code una rosa di bosco la quale, custodisce al proprio interno una maschera che pare affiorare dal più profondo medioevo, quasi a evidenziare una continuità mai interrotta. Ai cavalli alati fanno riferimento miti e leggende dell’antichità classica, a cominciare dal fatto che trainavano il carro del sole.
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• Le rose abbondano sulla facciata della chiesa. Anticamente erano simbolo di purezza e, stemma dei marchesi del Wasto, discendenti da Aleramo.
In alchimia l’abbinamento di una rosa bianca e una rossa simboleggiava l’accoppiamento dei due principi originari noti come sulphur e mercurius.
Per i Templari “non c’era rosa senza spina” e ogni loro commenda si articolava in una “rosa” e una “spina”. Ecco palesi i significati della “collina della Rosa” a Saliceto e della “Spinetta” a Cuneo. Sulla facciata le rose si accompagnano ai tralci di vite, inequivocabili simboli di rinascita. Lo stesso Gesù usò la metafora “Io sono la vite”.
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• La torcia, allude alla luce nella notte: la luce che indica la via, che rischiara le tenebre sospese sul mondo e che conduce l’uomo verso la salvezza.
Nel cristianesimo c’è una festa antica che rievoca la luce della torcia: la Candelora, il 2 di febbraio. In molte chiese esistono fori nell’abside attraverso i quali la luce del sole mattutino giunge a colpire il tabernacolo proprio in quel giorno.
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• Il delfino è un simbolo antichissimo che attrasse l’attenzione dei popoli affacciati sul mare fin dalle epoche più antiche. Ma fu nell’arte sepolcrale etrusca che i delfini acuiscono un ruolo simbolico peculiare di traghettatori delle anime dei morti nelle “isole dei Beati”. Suppongo che in questo senso debba essere interpretata la presenza del delfino sulla facciata della chiesa di Saliceto, che assume sempre di più le caratteristiche di un mausoleo o di un concentrato di conoscenze esoteriche.
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• L’aquila, il re degli uccelli, è il simbolo per eccellenza della maestà imperiale, che anticamente attestava la potenza di Roma. E’ soprattutto il simbolo di Giovanni, il più esoterico dei quattro evangelisti. Il suo vangelo inizia con una frase misteriosa, sintesi dell’ermetismo gnostico alessandrino: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.”
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• L’“araba fenice”, dalla forma di airone che alla morte si chiude in un nido profumato di mirra dove prende fuoco, per poi rigenerarsi dopo tre giorni dalle sue stesse ceneri: inequivocabile simbolo di Resurrezione.
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• Le sirene che, perduta l’antica valenza negativa come nel caso di Ulisse, acquisirono nel Medioevo significati positivi. Il loro canto, accoglieva i beati sulla soglia del Paradiso al cospetto dell’arcangelo Michele, implacabile nel compito di pesare le anime.
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• La conchiglia, simbolo del pellegrinaggio, attesta come Saliceto si trovasse lungo un “cammino iacopeo” verso il santuario di Compostela nella Galizia, dove si credeva finisse il mondo a Occidente. La conchiglia fu adottata anche dai pellegrini che percorrevano le vie “Romee” in direzione di Roma, e molti di loro lasciavano la Via Francigena ad Asti per dirigersi verso i porti d’imbarco di Savona, Noli, Finale percorrendo la “Via Maestra delle Langhe”.
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Ma Tre sono i simboli che rendono inequivocabilmente esoterica la chiesa di San Lorenzo in Saliceto:
• Ermete Trismegisto che in passato era raffigurato con tre teste giacché tre volte grandissimo: la testa centrale per la saggezza, le altre due per la sapienza essoterica e quella esoterica.
• I 22 grandi cerchi pieni all’esterno della chiesa, con altrettanti cerchi all’interno della chiesa. Ventidue, il numero esoterico per eccellenza: 22 le lettere della Cabala, 22 i capitoli dell’Apocalisse, 22 i libri del Vangelo di San Giovanni.
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Fin dall’età più antica il cerchio divenne la forma ideale per rappresentare Dio, senza inizio né fine: l’eternità. Opposto al quadrato, che indica il mondo terreno, il quale ha con il cerchio soltanto quattro punti di contatto: l’acqua, la terra, l’aria e il fuoco. Il cerchio è la figura geometrica più idonea per rappresentare la ciclicità della vita e il rincorrersi senza fine delle stagioni, con il loro alterenarsi di nascita, morte e rinascita. E’ infine simbolo di sacralità, come si evince dalle stesse aureole.
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• Il Bafometto, inequivocabile marchio “di fabbrica” dei “figli di Salomone”, che riempirono di simili immense opere tutta l’Europa nella stagione lunga due secoli dei Templari. Inteso anche come un guardiano, è colui che vigila e protegge. Cosa c’è da proteggere nella chiesa di Saliceto?
Domande che alludono a un’unica risposta: la persistenza sotterranea di conoscenze esoteriche templari nei secoli successivi alla loro scomparsa, mantenuta viva da corporazioni di Onesti Compagnons, grandi costruttori di verticali cattedrali, “andati in sonno” dopo il tracollo dell’Ordine del Tempio e non scomparsi.
Ma chi era o cosa era il Bafometto? Il Baphômet affiora improvvisamente negli interrogatori del Tribunale della Santa Inquisizione negli anni tra il 1304 e il 1314 dove, tra i capi d’imputazione a carico dei Templari, figura la presunta adorazione della testa di un idolo satanico dai lunghi baffi. Si trattò di un capo d’accusa gravissimo: idolatria. L’aggiunta di zampe di caprone o di rospo potrebbe essere successiva, al fine di attribuire al Bafometto sembianze demoniache, poiché tali zampe erano attributi di Satana. Apparve e subito scomparve, ma tanto bastò a convincere i padri inquisitori e lo stesso Papa Clemente V che i Templari avessero deviato, abbandonando il solco dell’ortodossia di Santa Romana Chiesa poichè il Bafometto è simbolo di ricerca, senza illusioni di verità rivelate.
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Ad ogni modo la domanda persiste e si tratta di qualcosa di più di una domanda: perché Carlo Domenico Del Carretto, marchese e cardinale, volle il Bafometto, Ermete Trismegisto e altri simboli esoterici nella chiesa da lui fatta costruire? Si considerava un erede dei Templari? Era forse il Gran Maestro segreto dei Templari “in sonno”? Sicuramente deteneva gnostiche conoscenze derivanti dalla frequentazione di corti papali di straordinaria qualità intellettuale come quelle rinascimentali.
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Incuriositi a sufficienza? Bene. Organizzate una gita, vale il viaggio.
Terminata la visita si consiglia il rientro passando per le alte colline dando uno sguardo al castello di Prunetto, ed a Bergolo e Levice.
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