(di Livio Bramardi e Cristina Sampiero)
Ogni regione ha qualche variante nel presentare la polenta, Cortemilia e l’alta Langa ne hanno ben due e, se si considera la classica con un sugo rosso, le varianti diventano tre. Per prima cosa bisogna mettere i puntini sulle “i” e cominciare dalla base. La farina gialla deve provenire obbligatoriamente da mais otto file e nel paragrafo di seguito, capirete perché.
“IL MAIS OTTO FILE O “MAIS DEL RE”
Facciamo coltivare questa varietà di “Meliga” dai nostri contadini di fiducia nelle colline delle Langhe. La pianta di mais Otto File produce una sola pannocchia con otto file di chicchi (da qui il suo nome) mentre le piante di mais moderni hanno 2-3 pannocchie con 18-20 file. Il chicco si presenta cuoriforme, piatto, di colore giallo arancione intenso. Il suo sapore rende le polenta di mais Otto File decisamente dolce e amabile rispetto alle altre. L’Otto File viene anche chiamato mais del Re perche da notizie storiche il primo a farla coltivare fu Re Vittorio Emanuele II° Re d’Italia, nella sua tenuta di caccia di Pollenzo (nel comune di Bra). Il mais Otto File non ha subito in alcun modo nessun tipo di modificazioni genetiche e viene coltivato con metodi naturali senza trattamenti aggiunti e in seguito macinato a pietra naturale per ottenere una farina integrale che trattiene inalterate sapore, profumo e genuinità. Produciamo due tipi di farina di mais: il Mais Otto File macinato grosso o macinato fine entrambi provenienti da coltivazioni biologiche certificate.”
da www.mulinomarino.it, sito ufficiale di un bel mulino di Cossano Belbo.
Vi consiglio una visita “integrale” 🙂 al sito.
Compresa adesso la differenza? Afferrato il concetto di qualità? Adesso possiamo parlare di “PUCIA”:
E’ una polenta che viene cucinata e servita dai maestri cuochi alpini. La sua origine si perde nella notte dei tempi ed è molto probabile che prima ancora dell’arrivo del mais dalle Americhe si usassero farine di farro o di segala. La stagione giusta per prepararla è l’inverno, meglio gennaio o febbraio poichè coincidono con l’uccisione del maiale che in passato era una golosa occasione per mangiare insieme le parti dell’animale destinate ad essere consumate in breve tempo.
La ricetta:
Tritate alcune foglie il cavolo e insaporitele con un soffritto con cipolle.
Aggiungere il maiale e fare rosolare il nell’olio che oggi sostituisce…lo strutto. La fiamma deve essere dolce.
A parte cuocete in poca acqua dei fagioli con profumi.
Amalgamate in un paiolo capiente cavolo, soffritto, maiale, fagioli e acqua.
Appena bolle iniziate ad aggiungere la farina di mais mescolando continuamente.
Regolate di sale e portate a cottura.
In circa mezz’ora otterrete una polenta molto gustosa che potete insaporire secondo il vostro gusto con burro e formaggio grattugiato; molto indicati sono toma d’alpeggio o Bra duro.
Il giorno dopo, tagliata a fette e fritta è una vera delizia.
Un piatto con ingredienti poveri. Per chi abitava in Alta Langa o in montagna… erano anche gli unici a disposizione. Oggi grazie alla riscoperta di cibi genuini o della memoria e grazie anche all’intelligente impegno del nostro Carlin Petrini, gli stessi ingredienti si riscoprono e, un po’ rivisitati ma non troppo, vengono serviti nella ristorazione turistica.
Io ho avuto la fortuna di assaggiare la polenta ”Pucia” cucinata dal confratello Diego Pongibove, ottimo cuoco è bravo cercatore di funghi che, come base nel piatto, mette uno strato di funghi dei pini detti trun o sanguinelli. Un piatto unico che fa gustare insieme antipasto, primo e secondo.
Non può mancare per esaltare il tutto, una Barbera di almeno tre o quattro anni.